È capitato un fatto singolare: nello stesso giorno l’esperienza della Scuolina di Poggio è stata riportata da una tv locale e da un giornale indipendente.
Immaginate di vivere la vostra quotidianità nella maniera più naturale possibile. E immaginate poi che qualcuno (per la precisione due organizzazioni estranee tra loro) ritenga la vostra vita abbastanza interessante e degna di nota da voler fare un servizio al tg e un articolo di giornale.
È come se, per un momento, ciò che leggi o vedi fosse la storia di qualcun altro, per quanto i personaggi e i luoghi abbiano un ché di familiare.
Il primo pensiero è stato: “bada te che bella cosa!”.
Poi ti rendi conto che i fatti narrati sono quelli che hai vissuto, e che le persone raccontate sono quelle che hai accanto. E per una volta guardi ciò che hai attraversato e sentito con gli occhi di un estraneo.
E non solo: ne vedi le potenzialità e le prospettive con più chiarezza del solito. Diventa sempre più evidente l’importanza di quello che “banalmente” chiameremmo “rete di relazioni”. Persone molto diverse tra loro si sono incontrate ed hanno finito per generare un melting pot: il risultato finale è un’identità condivisa che si basa sull’ “I care”.
Parole che vogliono dire tutto e niente, se non fosse che parliamo di gente in carne ed ossa e di vite reali che hanno acquisito un nuovo senso per il fatto di essersi incontrate.
Inutile dire che all’inizio nessuno avrebbe mai pensato di arrivare dove siamo adesso e che tutt’oggi ci domandiamo se davvero stiamo facendo qualcosa di discretamente utile.
Forse la risposta sta nei ragazzi che vanno a scuola e che imparano un mestiere, acquisendo la consapevolezza di possedere un’identità in questa società. Ma sta anche nelle parole e nelle azioni degli abitanti di Poggio e di tutti i volontari che si sono dedicati in questi anni alla Scuolina, quando più o meno consapevolmente danno forma ad un’alternativa.